OTTOBRE: il mese delle fave.

faveDa sempre le fave di mandorla sono il dolce tipico triestino di fine ottobre. Fave dei Morti dunque, poiché l’usanza vuole che si regalino alle persone care il 2 di novembre.

Vale la pena di fare qualche riflessione in più su questo dolce, tanto semplice nella sua ricetta quanto delicato nella preparazione.  Prima di tutto gli ingredienti, essenzialmente mandorle e zucchero. Tradizionalmente, le fave sono bianche (all’impasto di base viene aggiunta un po’ di vaniglia) rosa (l’essenza di rosa bulgara ne caratterizza il gusto del tutto particolare) e quelle nere o, per meglio dire, marrone scuro, quando all’impasto base viene aggiunto del cacao.   A questi tre colori base molti anni fa abbiamo aggiunto le fave gialle ottenute con un’aggiunta di cognac o brandy. Messa così la loro preparazione sembra facile, ma in realtà la loro qualità dipende moltissimo dagli ingredienti e dalla loro lavorazione.

Perché le fave di mandorla?

Perché le fave sono il dolce tipico triestino di questa stagione?. Difficile dirlo con certezza, ma una delle ipotesi è, come avviene per buona parte dei prodotti tipici locali, legata alle caratteristiche agricole del territorio.

Per comprenderlo meglio bisogna ricordare che nei paesi carsici il mandorlo è sempre stato un albero presente nelle case dei contadini, e che è proprio ottobre il mese nel quale le mandorle vanno raccolte. La mandorla, come tutta la frutta secca, deve comunque essere utilizzata entro l’anno di produzione tendendo altrimenti ad irrancidire a causa degli olii presenti nel frutto. Ovvio dunque che, con il nuovo raccolto, spesso si ponesse il problema dell’utilizzo di quanto avanzato dall’anno precedente che difficilmente avrebbe potuto superare un’altra estate senza irrancidire.  Si trattava quindi di utilizzare un frutto secco oramai maturo che stava per essere sostituito dal nuovo raccolto.

Del resto vale la pena di ricordare che Trieste è a tutti gli effetti una città MItteleuropea e che le mandorle sono uno degli ingredienti base di moltissimi dolci dell’Europa continentale, a iniziare proprio dal marzapane del quale le fave triestine sono parenti strette.

Che mandorla usare?

In primo luogo le mandorle: dalla loro qualità e dalla percentuale in peso rispetto allo zucchero dipende gran parte del risultato finale.  Così, ad esempio, una mandorla mediterranea come la “Bari prima scelta” o una “Planeta” alicantina danno eccellenti risultati in termini di sapore mentre altri tipi più economici come, ad esempio, le mandorle California, danno fave molto povere di gusto.  Inoltre una percentuale alta di zucchero (ad esempio 2 parti di zucchero ed una di mandorla)rendono le fave molto dolci mas poco gustose, e serve a poco rinforzarne il sapore con abbondanti aggiunte di essenza di mandorla amara poiché il dolce dello zucchero prevale comunque.

Ma non basta: la mandorla non dev’essere nuova (è proprio  in  ottobre che si raccoglie questo frutto) ma far parte del raccolto dell’anno precedente: in questo modo il frutto è a più basso grado di umidità, più secco e non gommoso, e in esso i sapori si sono ben amalgamati e maturati tra loro.

La raffinazione

Scelta la mandorla, bisogna passare alla sua macinatura, detta “raffinazione”  per ottenere quella che viene comunemente chiamata “farinella” .   proprio in questa operazione sta uno dei segreti di riuscita delle fave. Infatti la macinatura avviene per rottura delle mandorle che vengono schiacciate, mescolate a zucchero semolato, tra cilindri di pietra.  Si tratta di una lavorazione lunga poiché deve essere condotta per fasi successive (da 4 a sei passaggi tra i cilindri) iniziando a rompere le mandorle prima in pezzi grossi e, successivamente, avvicinando sempre più i cilindri tra di loro, riducendo il tutto in farina sottile.  Anche in questo caso la maturazione della mandorla è essenziale poiché una mandorla nuova sarà più gommosa e si lascerà schiacciare prima di rompersi mentre una del raccolto vecchio si spezza con maggior facilità.  Non si tratta di questione da poco poiché una mandorla schiacciata tende a buttare fuori l’olio mentre, per ottenere una farinella  adatta   alla produzione di fave, esso deve rimanere all’interno della farinella stessa. Proprio per questo motivo la raffinazione deve comunque avvenire per stadi successivi, con delicatezza, poiché anche se la mandorla vecchia è più fragile e meno gommosa comunque non potrebbe sopportare trattamenti brutali come potrebbe avvenire con l’utilizzo, ad esempio, di un cutter a lame senza perdere il suo olio naturale.

Impasto, formazione e cottura.

Dalla farinella si passa alla fase di impasto con lo zucchero, gli aromi o il cacao e con l’aggiunta di una piccola quantità di alcool da pasticceria che evaporando in fase di cottura avrà il compito di far gonfiare il prodotto e del quale, nel prodotto finito, non si troverà più traccia. Un pò di uovo può aiutare ad ammorbidire l’impasto specialmente nel caso delle fave scure nelle quali il cacao tende ad asciugarlo e renderlo meno lavorabile.

L’impasto deve presentarsi consistente ma lavorabile in lunghi “bigoli” similmente a quanto si fa con gli gnocchi e proprio come per questi ultimi si provvederà a tagliarli in piccoli pezzettini arrotondandoli successivamente in palline anchje con l’aiuto di un setaccio e di zucchero semolato.

Deposte su teglia, le palline devono essere messe in forno per un tempo brevissimo normalmente compreso tra i sei e i sette minuti: all’uscita del forno devono essere ancora morbide tanto da sembrare quasi un po’ crude. In realtà sarà proprio in fase di rafreddamento a formarsi quella leggerissima crosta che le rende croccanti fuori ma morbide in bocca.

Ultima fase, anch’essa molto delicata, è costituita dal confezionamento che deve essere fatto non appena le fave si sono perfettamente raffreddate per evitare che, rimanendo all’aria, perdano la loro caratteristica morbidezza.

E ora non rimane che assaggiarle.

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